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Cos’hanno in comune delle reti da pesca ritrovate in mare, bucce di mela, bottiglie di plastica usate, vecchie T-Shirt in cotone, fondi di caffè e foglie di ananas? Che potrebbero essere la maglietta o le scarpe che state indossando in questo momento!

Sono infatti questi alcuni dei “rifiuti” che vengono visti come risorsa e materia da rigenerare con cui creare nuovi prodotti, invece che essere mandati in discarica. Viviamo in un mondo dove la sovrapproduzione industriale è all’ordine del giorno, dove il sovra consumo di risorse naturali sta creando un gap difficile da chiudere e dove ci siamo abituati a comprare costantemente per poi accumulare o buttare via ciò che finiamo per non usare.

Secondo i dati Eurostat infatti, nel 2020 sono stati prodotti più di 3.7 miliardi di nuovi indumenti, solo in Europa, e molto spesso i capi invenduti vengono bruciati o mandati al macero, generando un doppio spreco di risorse, energia e materia prima.

Questa abitudine, diffusa nel mondo della moda di lusso per fare sì che il nome del brand rimanga aspirazionale e non venga abbassato il suo valore, viene utilizzata anche nella fast fashion. In particolare aveva fatto scalpore nel 2013 la notizia, diffusa dalla TV danese, che una nota catena di fast fashion avesse bruciato, in quel solo anno, 60 tonnellate di vestiti nuovi e invenduti.

 

 

Produrre all’insegna dell’economia circolare capi di abbigliamento, scarpe e complementi di arredo utilizzando filati in materiali riciclati è proprio uno dei punti che la Commissione Europea ha proposto poche settimane fa, all’interno di un piano che prevede un Passaporto Digitale Sostenibile per i prodotti creati in Europa. In particolare è stato proposto di definire un livello minimo obbligatorio di fibre riciclate da utilizzare nella creazione di nuovi prodotti e il divieto di distruggere gli invenduti.

Rigenerare gli scarti diventa quindi una scelta industriale virtuosa che potrebbe aiutarci a ridimensionare il danno nei confronti dell’ambiente e delle sue - non infinite - risorse.

Possiamo attuare anche a casa nostra questi accorgimenti, cercando di limitare il consumo di acqua ed energia (con azioni semplici come preferire la lavastoviglie al lavaggio a mano e fare la doccia in meno di 5 minuti) e guardando gli scarti alimentari non più come rifiuti ma come risorsa.

 

 

La prossima volta che fate il caffè, sbucciate le carote o non sapete cosa fare con una magliettache non indossate più, pensate al potenziale che hanno e ai modi in cui potreste continuare adusarli. I fondi del caffè sono un ottimo aiuto per pulire l’acciaio o disincrostare le pentole, la buccia di carota può essere tenuta in freezer con altri scarti di verdura e poi essere usata per fare il brodo vegetale e la vecchia maglietta? Invece che buttarla nella spazzatura tagliatela in pezzi più piccoli ed usateli come panni per la casa.

Lo stesso ragionamento vale per tutto quello che pensiamo sia ormai un rifiuto: prima di buttare via qualcosa pensiamo se si può utilizzare in maniera alternativa oppure trasformare, in modo da rendere anche le nostre abitudini più circolari possibili.

 

 

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