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Il Greenwashing è un tema molto caldo: se ne sente parlare sempre di più ma, allo stesso tempo, non è sempre chiaro cosa sia e come si può fare a riconoscerlo. È una tecnica di marketing e fa riferimento a tematiche relative all'ambiente e alla sostenibilità.

 

In che senso tecnica di marketing?

Il marketing si occupa di comunicare per vendere un prodotto/servizio, raccontando una storia legata ad esso, attraverso i suoi valori. Quando diciamo che il Greenwashing è una tecnica di marketing, intendiamo che la comunicazione di una determinata azienda ha scelto di comunicare che essa stessa, un prodotto, una collezione o un sevizio sono sostenibili, sono "green", sono attenti all'ambiente.

Fino a qui non ci sarebbe nulla di male, perché se un brand è sostenibile ha tutto l'interesse nel comunicare di esserlo. Il Greenwashing nasce quando la comunicazione non è supportata da prove, oppure parla in generale ma in realtà l'impegno sostenibile dell'azienda non è maturo, non è allargato ad ogni prodotto, ma molto limitato

Molto spesso si fa ampio uso del colore verde, di termini come "naturale", "plant-based", "Clean", "Green" e "Sostenibile" ma non si danno informazioni sul reale impegno.

L'ultimo esempio? Il Green Carpet (sintetico) che ENI ha usato a Sanremo 2022 per urlare agli italiani quanto sono sostenibili e il lancio del nuovo servizio Plenitude.

Queste le parole di Clima ed Energia di Greenpeace Italia:

"È inaccettabile che Eni sfrutti la vetrina di Sanremo, e dei tanti altri eventi che sponsorizza, per promuovere un'immagine di azienda attenta all'ambiente che non corrisponde affatto alla realtà. Eni continua a investire sul gas e sul petrolio, è il principale emettitore italiano di gas serra e una delle aziende più inquinanti del Pianeta."

Foto di Francesco Alesi / Greenpeace

 

E ma allora se un'azienda ha appena iniziato non può neanche dirlo?

Certo che sì, ma comunicare un impegno assoluto quando questo impegno è parziale, è scorretto. Diventa pubblicità ingannevole.

Molte volte l'impegno non è neanche effettivo in minima percentuale, ma vengono solo fatte promesse a lungo termine (nel 2030 saremo...nel 2040 tutta la produzione sarà...) peccato che fino a 5 anni fa la promessa aveva come termine il 2020 e l'unica cosa cambia realmente è la data in cui il loro impegno dovrebbe avverarsi.

 

Non c'e niente di positivo nel Greenwashing?

Sì, c'e! Quando lo riconosciamo capiamo che, se vogliamo fare acquisti consapevoli, sappiamo di stare alla larga da chi vende un falso impegno.

A meno che la cosa non ci dia fastidio, su questo ognuno la sua scelta. 

 

 

Poco non è meglio di niente?

Ni, nel senso che se quel poco che fanno le aziende viene comunicato come un grande impegno sostenibile e i clienti comprano comunque senza riconoscere il Greenwashing, l'azienda non avrà nessun interesse ad investire maggiormente nella sostenibilità.

Se basta un minimo di impegno, condito con tanta pubblicità ingannevole (con tanto di decine/centinaia di influencer sui social media ed eventi "green") per risultare sostenibile, perché un'azienda (il cui fine ovviamente è creare profitto) dovrebbe investire tempo e soldi per diventare davvero sostenibile?

Sì perché per rendere un'azienda sostenibile, soprattutto quando questa è non è nata con la sostenibilità tra i suoi valori o nella sua mission e quando si tratta di grandi aziende (catene o multinazionali) è richiesto un ingente impegno economico.

In parole povere l'azienda si deve trasformare a livello produttivo, con costi elevati che farebbero alzare anche il costo finale del prodotto e servizio.

Spendere invece molto meno per creare una linea di prodotti "semi sostenibile" in materiale bio (neanche al 100%, una percentuale bio basta, tanto pochi andranno a controllare) e poi comunicare un impegno sostenibile, quello sì che crea profitto. Il vantaggio del Greenwashing è enorme perché non ci sono ancora leggi che lo vietano. Quindi le aziende che non hanno veramente a cuore la sostenibilità o l'ambiente, si limitano ad investire in pubblicità e non in effettivo cambiamento e, grazie al Greewashing, riescono anche a vendere di più! 

Capite quindi perché il Greenwashing non solo è scorretto dal punto di vista di comunicazione non trasparente ma è anche molto pericoloso? Sottintende proprio la non volontà dei brand di cambiare davvero.

 

 

Come dovrebbero comunicare le aziende che hanno iniziato a diventare sostenibili, per non fare Greenwashing? 

Esattamente questo: che stanno iniziando, che il percorso è lungo, che solo una percentuale dei prodotti che fanno è in parte sostenibile. Essere trasparenti.

E solo quando lo saranno per davvero sostenibili, pubblicizzarlo. Io sarò la prima a comprare da loro e a promuovere i loro prodotti/servizi. 

Ricordatevi che se é troppo bello come affare (costa poco ed è  sostenibile? Fast fashion sostenibile? Azienda che vende servizi legati all'estrazione di carbon fossile sostenibile?) molto spesso si tratta di Greenwashing.

Esistono tante alternative sostenibili, trovate moltissimi marchi nel mio blog, alternative reali. Il problema è che spesso non sono conosciute, sono aziende più piccole delle multinazionali che tutti conosciamo e che troviamo comodamente in centro storico. Sono aziende che nascono come sostenibili, spesso vendono online e investono in produzione etica, sostenibile più che in marketing. E mostrano con trasparenza il loro processo produttivo e no, non sono MAI fast fashion.

 

Parlo di Greenwashing e di sostenibilità a 360* anche nel mio libro "(Im)perfetto Sostenibile. Gesti quotidiani per una sostenibilità alla portata di tutti." Se vuoi rendere il tuo stile di vita più sostenibile ma non sai da dove iniziare o quali sono le reali alternative, questo è il libro che fa per te!

 

Ho dedicato, nel tempo, diversi contenuti video per spiegarlo: in particolare in questo IGTV vi parlo di Greenwashing, Bluewashing e Pinkwashing.

 

 

 

 

 

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